Opera

Opera Magazine (www.gbopera.it), 18. March 2013
La direzione d’orchestra è certamente l’elemento più interessante dell’allestimento, perché Hartmut Haenchen compie scelte originali – quando non anticonformistiche – di perfetta coerenza. In primo luogo stacca tempi piuttosto pacati, e resta fedele a tale impostazione, realizzata sin dal preludio: alla ricerca non di solennità o di tono epico, bensì dei disegni e soprattutto dei colori orchestrali. La distensione dei tempi permette infatti al direttore di analizzare il dettaglio dei temi e delle figurazioni musicali, di far enunciare agli archi le loro parti in maniera calligrafica, e di far risaltare l’apporto di strumenti per lo più offuscati dal clamore degli ottoni, come i legni. Non l’immane tempesta risalta quindi nel preludio, ma un delicato tema di ondeggiamento marino, appunto affidato a oboe e clarinetto. Un grande merito del direttore è inoltre presentare tutte quelle eleganze di strumentazione e quei compiacimenti ritmici (nei pezzi d’insieme e nei canti popolari) che apparentano il Fliegende al Rienzi (prima ancora della cui première quasi tutta la musica della nuova “opera romantica” era già ultimata) e alla tradizione del grand-opéra francese, tanto quanto alla scrittura leitmotivica, alle sonorità telluriche e nibelungiche dei drammi a seguire. Non a caso è a firma dello stesso Haenchen un saggio del programma di sala, Sfinito da una vita insonne (Nota del direttore d’orchestra), sulla complicata questione filologica del Fliegende, sui sette periodi di composizione e di revisioni, sulle sostanziali quattro versioni del testo; il direttore si è avvalso della “Nuova Edizione Wagner” (NWA), che propone «la partitura della versione del 1860 e con le modifiche del 1864 (Monaco di Baviera)». L’esecuzione è una sorta di compromesso tra la “leggenda senza soluzione di continuità” (l’atto unico della Urfassung parigina, senza pause, come per lo più oggi si esegue) e l’opera in tre atti con le interruzioni tradizionali, perché l’atto I è isolato e seguito da intervallo; non è invece alcuna cesura tra II e III.
Michel Curnis